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giovedì 21 aprile 2016

Conoscere il Comunismo Pensiero cristiano e pensiero moderno


Si tratta dunque anzitutto di mettere in rilievo alcune convinzioni fondamentali del pensiero cristiano e tradizionale, per meglio comprendere, confrontandole con esse, le posizioni marxiste che vi si oppongono. Sono convinzioni molto elementari, di cui la maggior parte delle persone è impregnata senza pensare di esprimerle in generale, tanto sembrano scontate: ed è per questo che tali persone sono sconcertate dal comunismo, che sembra loro impenetrabile, dato che non possono neppure concepire che tali convinzioni prime possano essere messe in discussione. Perciò è indispensabile formulare queste convinzioni prime, presupposte dal pensiero comune della maggior parte degli uomini, per farne loro prendere coscienza e prepararli ad afferrare meglio i segreti di una filosofia che rifiuta appunto questi fondamenti del pensiero comune.
La prima convinzione fondamentale, non soltanto del pensiero cristiano, ma di tutto il pensiero umano fino a due secoli fa, e che l'affermazione umana abbia un significato; che "sì" e "no" siano due parole con un senso compiuto e non intercambiabili (il "sì, sì; no, no" proclamato da Gesú nel Vangelo: che si sia sí e che no sia no) (2); che sí non sia no, che sí sia sí e che no sia no; che non si possa dire un giorno il contrario di quanto si è detto il giorno precedente senza essere infedele al proprio pensiero e senza essere almeno una delle due volte in errore; in altre parole, che esista una verità e un errore che non si confondano tra loro. Ecco perché la maggior parte dei nostri contemporanei sono così, sconcertati nel sentire i comunisti affermare tranquillamente un giorno il contrario di quanto hanno affermato il giorno precedente, e sono indotti a interpretare questo fatto come una conversione o un rinnegamento della loro affermazione precedente.

Procediamo: è convinzione spontanea di ogni uomo, non solo che esista una verità distinta dall'errore, ma anche che questa verità non dipenda da noi; che noi non ne siamo arbitri; che essa si desuma da ciò che è e s'imponga alla nostra intelligenza. Per esempio, un fatto che s'impone alla nostra intelligenza è il riconoscere che 2 + 2 = 4 e non dipende da noi che sia diversamente, come pure riconoscere che l'uomo è bipede e non dipende da noi che sia diversamente. Si e no hanno un senso per la generalità degli uomini, perché la generalità degli uomini pensa che la nostra intelligenza debba riconoscere la realtà quale essa è, e che le cose siano quelle che sono e che non dipenda da noi che esse siano diversamente. La prima convinzione fondamentale del pensiero comune è la dipendenza della nostra intelligenza dalla verità o dalla realtà da conoscere.

La seconda convinzione fondamentale è che esistano un bene e un male; cose buone e cose cattive; che il bene e il male non siano la stessa cosa; e che il bene sia da amare e da ricercare. Per l'uomo comune, la parola "buono" ha un senso, come la parola "sì" e la parola "vero". E anche qui bisogna andare oltre la convinzione spontanea che non dipenda da noi che ciò che è buono sia cattivo e ciò che è cattivo sia buono; che il bene e il male esistono nella realtà; e che ciò che è bene s'imponga alla nostra volontà per essere amato e ricercato; e ciò che è male, per essere evitato. Per esempio: non abbiamo inventato noi che la lealtà e la sincerità sono cose buone e che la menzogna è, invece, una cosa cattiva. Anche in questo caso la convinzione fondamentale del pensiero comune afferma una dipendenza: la dipendenza della nostra volontà dal bene da amare e da volere.

Precisiamo e approfondiamo il significato di queste due convinzioni, usando un linguaggio piú filosofico. Esse affermano la necessaria sottomissione del nostro pensiero e della nostra volontà a un oggetto che si impone loro e da cui esse dipendono, cioè la sottomissione del nostro pensiero alla verità da conoscere, e della nostra volontà al bene da amare e da volere. La sottomissione all'oggetto (3): ecco la regola spontanea della coscienza umana che il pensiero moderno si è accanito a demolire e che il marxismo ha abbattuto completamente. Ma perché questa sottomissione all'oggetto nel pensiero tradizionale? Per la convinzione che l'uomo sia un essere imperfetto, limitato, incompleto, che tende a perfezioni da acquisire, che deve dunque sottomettersi e subordinarsi a ciò che lo completa, lo perfeziona, lo realizza. La nostra intelligenza, inizialmente priva di ogni conoscenza e immersa nell'ignoranza, trova il suo arricchimento e la sua perfezione nella sottomissione alla verità, grazie alla quale acquisisce la scienza. 

L'uomo, cui mancano tante cose, trova il suo bene, si perfeziona e diventa migliore subordinandosi al bene da amare e da volere.
Le convinzioni prime che abbiamo ora indicato, sono alla base tanto del pensiero greco (4) che del pensiero cristiano: esse sono puramente e semplicemente tradizionali. Ma il cristianesimo le spiega e dà loro fondamenti piú profondi: la ragione della imperfezione umana, che esige la sottomissione dell'uomo su un oggetto per perfezionarsi, sta nel fatto che l'uomo è creatura; che non si è fatto da sé e che non ha creato la realtà che lo circonda, ma che tutto questo - sé stesso e tutte le cose - sono opera di Dio. Da ciò deriva una dipendenza radicale da Dio, che si trova alla base stessa dell'esistenza di ogni creatura. Perché la nostra intelligenza deve sottomettersi a una verità che le si impone e che non ne dipende? Perché non siamo noi ad aver fatto la realtà, ma è Dio che l'ha creata, e noi possiamo solo arricchire la nostra intelligenza - che nulla ha creato - con la conoscenza di questa realtà cosi com'è, cioè come Dio l'ha creata. La sottomissione al reale è, in ultima analisi, la sottomissione dell'intelligenza creata da Dio, creatore di questa realtà (5). Perché diventiamo migliori soltanto se la nostra volontà si sottomette a un bene da amare e da volere, che le si impone e non ne dipende, e se si subordina a fini da perseguire, nei quali troviamo le perfezioni che ci mancano? Perché Dio ci ha creati cosi. Perché non ci siamo fatti da noi stessi e non abbiamo deciso noi stessi la nostra natura, le sue leggi e le sue esigenze, ma siamo come Dio ci ha fatti, con in noi esigenze e bisogni di cui è autore. Se è questo o quel bene che bisogna amare e volere, questo o quel fine che bisogna perseguire per diventare migliori e perfezionarci, ciò deriva dal fatto che noi siamo cosí come siamo, dunque dal fatto che Dio ci ha creati cosí come siamo. Le leggi che ci conducono al nostro bene - cioè le leggi morali - derivano da ciò che siamo e, di conseguenza, derivano dall'Autore della nostra esistenza, dal quale dipendiamo; e noi non ne siamo gli arbitri. Creatura, l'uomo non ha niente da sé stesso: dipende da Dio, nella sua esistenza, nella verità da conoscere, nel bene da amare per perfezionarsi. La base del pensiero cristiano è l'affermazione di questa dipendenza radicale dell'uomo da Dio, dipendenza che non è affatto per lui una costrizione esterna, ma l'intima sorgente della sua stessa esistenza, come di ogni bene e di ogni perfezionamento.

Ecco il pensiero contro il quale, di fronte al quale si è costituito il pensiero moderno fino ad approdare al marxísmò, che ne è la negazione radicale.
La corrente dominante che ha guidato tutto questo pensiero moderno e ne ha segnato le tappe principali, è ciò che in filosofia si chiama idealismo. Ci si stupirà, forse, che da lí si debba approdare al marxismo, che è comunemente conosciuto come materialista; eppure Marx è un discepolo di Hegel e il suo pensiero si è formato alla scuola di Hegel che per altro è all'origine di tutti i grandi totalitarismi contemporanei. Ora Hegel è precisamente il termine della corrente idealista, il filosofo che ha professato ciò che si chiama l'idealismo assoluto, e vedremo che, per capire il marxismo, bisogna spiegarlo con quanto chiameremo un rovesciamento materialista dell'idealismo hegeliano.
Che cos'è dunque l'idealismo? Alla base di tutto il pensiero moderno vi è un atteggiamento d'orgoglio, una rivendicazione d'indipendenza totale dello spirito umano che si manifesta nel rifiuto di quella sottomissione all'oggetto che era alla base del pensiero cristiano: l'uomo vuole trovare tutto in sé stesso e solo in sé stesso, senza dover riconoscere alcuna dipendenza né doversi sottomettere. 

L'idealismo è l'intelligenza che vuole trovare tutto in sé stessa, nelle proprie idee o concezioní, e rifiuta qualsiasi sottomissione a una verità che le si imponga, che da lei non dipenda e che non sia una costruzione dello spirito. L'idealismo è lo spirito umano che vive nelle sue proprie costruzioni, senza dipendere da alcuna realtà da conoscere cosi come essa è. Il pensiero, per l'idealismo, non è conoscenza di una realtà oggettiva che lo domini e lo modelli, ma è semplicemente ideale e pura costruzione dello spirito, che si sviluppa secondo le proprie leggi, che sono le leggi dello spirito indipendente da qualsiasi realtà che non sia in tale convinzione. E' facile vedere fino a che punto questo sistema filosofico abbia impregnato gran parte della psicologia contemporanea. Basta osservare come gli uomini, in tutte le loro attività, si allontanino sempre piú dalla sottomissione al reale, dalla docilità a ciò che e' per ascoltare solo le costruzioni del loro spirito, fino al giorno in cui esse si infrangono contro la realtà esistente, di cui non hanno voluto tenere conto. In modo particolare si può notare come l'uomo contemporaneo sia fecondo di costruzioni sociali che sono pure creazioni dello spirito, puri schemi geometrici e giuridici concepiti a priori e vuoti di qualsiasi realtà umana: quasi bastasse un decreto della "Gazzetta Ufficiale", che crei un quadro giuridico e amministrativo, per fare esistere una società reale fatta di uomini vivi.

Bisogna anche rilevare - cosa che sulle prime sorprende e richiede riflessione per essere compresa - le solidarietà profonde esistenti tra idealismo e materíalismo. Infatti, il nostro pensiero non ci è imposto dalla realtà da conoscere, se i nostri giudizi non sono regolati dalla pura verità oggettiva, se sono pure creazioni del nostro spirito, da dove mai potranno derivare? Se il nostro pensiero e i nostri giudizi non sono piú sottomessi alla verità, essi si formeranno secondo l'arbitrio delle nostre passioni, delle nostre preferenze sentimentali, dei nostri istinti animali, dei nostri interessi materiali; vale a dire, insomma, che dipenderanno dalla struttura del nostro organismo, dallo stato dei nostri nervi e delle nostre ghiandole, e tutto alla fine dipenderà dalle sole forze materiali; vediamo già come il materialismo marxista potrà allacciarsi a un principio idealista.

Un'altra solidarietà è quella che lega l'idealismo al pragmatismo, vale a dire alla filosofia che afferma il primato dell'azione e che basa tutto su di essa. Anche questo a prima vista sorprende, ma riflettendo si capisce che, se non esiste piú una realtà da conoscere una verità da contemplare, se esistono solo le costruzioni dello spirito, ne deriva che c'è solo da agìre (essendo il pensiero stesso creazione, cioè azione), c'è solo da vivere in una funzione perpetuamente e unicamente costruttrice. Per contemplare è necessario un oggetto: la contemplazione è assimilarsi all'oggetto, abbandono e sottomissione di sé all'oggetto. Il rifiuto dell'oggetto e di ogni sottomissione o dipendenza, conduce fatalmente all'azione pura. Anche qui si vede come il puro pragmatismo marxista si possa allacciare a una origine idealista. Ogni atteggiamento anticontemplativo, ogni attivismo, è sulla via del marxismo.

Ci rimane ora da esaminare come l'idealismo, che guida tutto il pensiero moderno sulla china che conduce al marxismo, abbia potuto nascere e svilupparsi per tappe. Il primo germe di questo idealismo si trova nel secolo XVII in Cartesio, per il quale l'anima umana è un puro pensiero, un puro spirito del tutto indipendente dal corpo e dai sensi (di modo che tutta la vita animale, tutto ciò che non è nell'ordine del puro pensiero, è abbandonato a un completo materialismo, materialismo oltre il quale presso gli enciclopedisti del secolo XVIII non sussisterà piú nulla). Ne deriva che per Cartesio il pensiero non dipende dal reale, è separato dal reale e basta a sé stesso. Se Cartesio mantiene, malgrado questo, una verità che domina il pensiero, ciò avviene perché questo pensiero per lui dipende direttamente da Dio, che è l'unico garante della verità di esso. Circolo vizioso, perché bisogna supporre la verità del pensiero per scoprire la verità di Dio, che diventerà poi la garanzia della verità del pensiero stesso.
Basterà sopprimere questo intervento divino, che assicura al pensiero la sua conformità al reale, perché il pensiero sia definitivamente rinchiuso in sé stesso, senza alcun legame possibile con una realtà, che diventa cosí inconoscibile. Questo passo è compiuto da Kant, primo maestro dell'idealismo moderno e della filosofia tedesca che, da Kant a Fichte e da Hegel a Marx, dominerà tutto il pensiero moderno. Attraverso il kantismo, sorgente profonda del liberalismo sotto il quale abbiamo vissuto per un secolo e mezzo, come attraverso il marxismo, che sta assumendo oggi una cosí grande influenza, l'impero intellettuale e spirituale del pensiero tedesco si esercita sull'Europa e ne penetra i costumi e le istituzioni. 

Per Kant, il pensiero è ormai solo creazione dello spirito umano, secondo lo sviluppo autonomo delle sue proprie leggi. Allora non vi e più una verità che s'impone, e questa autonomia del pensiero genera la dottrina della libertà di pensiero, con la quale ogni uomo diventa padrone del suo pensiero, senza che alcuna regola di verità s'imponga a lui. D'altra parte la stessa cosa Kant sostiene riguardo alla coscienza umana, che sarà l'uníca sorgente della propria legge, si creerà da sola la sua regola di condotta o la sua morale, da cui la libertà di coscienza. Queste due libertà, questo fondamentale rifiuto di necessità oggettive che non dipendono dall'uomo e alle quali l'uomo deve sottomettersi, costituiscono l'origine di tutto il liberalismo moderno, della totale rivendicazione d'indipendenza assoluta dell'uomo.

Questa è solo la prima tappa dell'idealismo. La seconda sarà percorsa da Fichte, un discepolo di Kant. Kant supponeva, al di fuori dello spirito creatore del suo pensiero, una realtà inconoscibile: questo reale inconoscibile è ancora troppo per l'idealismo; e in Fichte non rimane che l'Io autore del pensiero, quell'Io il cui dinamismo operante crea il pensiero. Non bisogna credere che queste siano solo fantasticherie di filosofi, senza conseguenze per la vita dei popoli. Costui è quel Fichte dei Discorsi alla nazione tedesca, che sollevò la Germania contro Napoleone (6), discorso che si riallaccia strettamente alla sua filosofia, perché in esso l'autore si richiama al dinamismo germanico contro il feticismo latino e occidentale della realtà stabile. Se non vi è piú una realtà stabile che sia e duri, rimane solo il dinamismo dello spirito operante, ed è finita per le forme stabili del diritto e della morale; resterà solo un'azione senza regola morale, che si adatta al dinamismo della vita e si conforma a tutti i bisogni vitali della potenza germanica. Si comprende quindi che in questo sta la sorgente di tutto ciò che ha costituito la base del germanesimo da piú di un secolo: la rivendicazione dei bisogni della vita, dell'azione, dello spazio vitale, contro il diritto e la morale. Proprio a tale filosofia la Francía deve quattro invasioni.

L'idealismo assoluto, tuttavia, è ancora ben lontano dall'essere realizzato con Fichte, e lo sarà soltanto grazie a Hegel, che regna all'Università di Berlino nel secolo scorso e che avrà Marx come discepolo. In effetti l'Io di Fichte è ancora una realtà con la quale l'idealismo, negatore di qualsiasi realtà, non ha niente da spartire: Hegel percorre l'ultima tappa dell'idealismo ammettendo solo l'Idea pura, la cui evoluzione genera contemporaneamente tutte le coscienze individuali, e tutta la storia del mondo. Nella filosofia di Hegel non esiste piú alcuna realtà, l'Idea è tutto: ecco l'idealismo assoluto. Ma se l'Idea permane, essa non può evolversi e costituire tutta la storia. La storia nascerà da ciò che Hegel chiama la dialettica, e questo è di importanza capitale, perché il materialismo di Marx si caratterizzerà come " materialismo diatettico ". Abbiamo già osservato che l'uomo comune ammette spontaneamente che sí non è no, che sí e no si escludono a vicenda, che ogni cosa è ciò che è, e che l'assurdo o la contraddizione sono impossibili. Hegel (e Marx lo seguirà) rifiuta questa convinzione spontanea: l'Idea non è ciò che essa è, perché diviene, cambia continuamente ed esiste solo per contraddirsi, per rinnegare sé stessa incessantemente, di modo che il sí chiama il no, e si confonde con il no nel mutamento; cosí non vi è nulla di ciò che esiste che perduri se non la contraddizione continua in una continua evoluzione. Con la dialettica, l'idealismo assoluto diventa un evoluzionismo assoluto e se Marx cambierà l'idealismo in materialismo, conserverà però la dialettica e l'evoluzionismo, in modo che si potrà comprendere il suo pensiero solo riallacciandolo a quello di Hegel. La dialettica presenta tre fasi: la tesi, in cui l'idea compare; l'antitesi, in cui si passa alla contraddizione; la sintesi, punto di partenza di una nuova evoluzione. 

Ogni momento nega il momento precedente, ed è cosí che si crea la storia: la storia è una rivoluzione continua, l'idea è in un movimento continuo di azione rivoluzionaria per far la storia negando, contraddicendo e mutando ciò che è. Tutto ciò che si presenta come realtà si deve negare, distruggere, perche si faccia la storia nella contraddizione e nella rivoluzione continua. Non vi è piú alcuna verità stabile, che sia vera oggi, ieri, domani: affermare e negare non hanno piú senso, l'uno e l'altro si chiamano e si confondono, resta solo l'azione che fa la storia.

Hegel trova nello Stato e nella sua organizzazione militare e amministrativa l'idea che fa la storia; lo Stato è un'idea, una concezione creatrice di storia. E sarà lo Stato prussiano di Bismarck, che non conosce altra legge se non quella del suo proprio sviluppo, o lo Stato totalitario di Mussolini, che assorbe in sé gli individui, poiché le coscienze individuali hanno esistenza solo nell'idea che le produce nella sua evoluzione.

Hegel in realtà è all'origine di tutti i totalitarismi, che cosí sono tutti fratelli, poiché il razzismo hitleriano e il marxismo ne derivano entrambi, sebbene sotto aspetti diversi. Il nostro scopo, in queste pagine, è di soffermarci piú a lungo sul marxismo: occorre tuttavia far notare in poche frasi la derivazione dell'hitlerismo da Hegel. L'hitlerismo è ciò che si potrebbe chiamare una trasposizione vitalistica della filosofia di Hegel: esso si oppone all'idealismo facendo delle idee un semplice prodotto, un semplice strumento o un organo della vita, delle forze vitali che sono il vero agente creatore di storia. E ritroviamo l'evoluzionismo assoluto applicato alla forza creatrice, al dinamismo della vita che si trova al piú alto grado nella razza superiore: la sola legge della storia sarà l'espansione vitale della razza superiore, e non vi sarà altra verità né altro diritto all'infuori delle esigenze continuamente mutevoli dell'espansione vitale della razza. Ed è questa razza superiore il grande agente di rivoluzione, che modella la storia e crea la verità e il diritto con le sue necessità vitali (7). Da tutto ciò derivano quelle che ci sembrano le contraddizioni continue dell'hitlerismo: Hitler potrà dichiarare che riconosce le frontiere della Polonia quando l'espansione tedesca ha bisogno della benevolenza polacca per attaccare i Ceki; poi, sei mesi piú tardi, si scaglierà contro le stesse frontiere polacche quando l'espansione tedesca si volge verso la Polonia. La verità e il diritto in tal modo cambiano con le esigenze di espansione vitale della razza, che fanno la verità e il diritto; la storia è fatta di contraddizioni perenni della vita, il cui dinamismo rivoluzionario unisce il sí con il no, l'affermazione con la negazione, per realizzare un'opera gigantesca di trasformazione.
Ma l'hitlerismo è solo una trasposizione vitalistica dell'idealismo hegeliano. Il marxismo ne è una trasposizione piú completa, una trasposizione materialistica, e quindi un vero capovolgimento.

NOTE 

(2) Matteo, 5, 3 7. 
(3) L'oggetto è, nel senso etimologico della parola, ciò che sta di fronte, ciò che si ha davanti a sé, ciò che è posto davanti a noi e a noi si impone. 
(4) Anche se Protagora e alcuni altri greci - ma sono eccezioni hanno aperto la strada al pensíero moderno. 
(5) Ciò non vuol dire, beninteso, che noi non possiamo esercitare un'azíone sulla realtà per trasformarla: questo stesso potere ci è stato dato da Dio. Ma esso può essere esercitato solo in conformità a ciò che è: non si trasforma la realtà se non sottomettendosi a essa e secondo le finalità che il Creatore vi ha incluso. 
(6) Kant era contemporaneo della rívoluzíone dei 1789. 
(7) L'individuo è ormai soltanto un elemento, una cellula nella vita collettiva della razza.

http://christusveritas.altervista.org/conoscere_comunismo_pensiero_cristiano_e_pensiero_moderno.htm

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